HOTEL INSIGHTS: Ritratti di professionisti dell’ospitalità | Food&Beverage

by 29/04/2020Vita d'Hotel

Food & Beverage

Ecco la seconda puntata della serie dedicata ai professionisti del mondo alberghiero.

Oggi approfondiamo le dinamiche e le criticità del settore Food&Beverage insieme al nostro Giuseppe Amodio, che dalla gavetta nella sua amata Puglia è riuscito a crescere e ricoprire ruoli manageriali in grandi hotel italiani e ristoranti internazionali, grazie alla sua umiltà, alla voglia di mettersi in gioco, e soprattutto alla sua grande fantasia e intraprendenza, riuscendo a trarre da ogni sfida nuove opportunità per stupire i suoi collaboratori e i suoi clienti. Esperto soprattutto del settore banqueting (i matrimoni sono il suo forte), ci esporrà la sua visione della ristorazione alberghiera, i cambiamenti che subirà nel prossimo futuro, e le sue soluzioni.

Come sei diventato food & beverage manager?

Il mio percorso inizia con la gavetta, ho iniziato a lavorare molto giovane facendo le stagioni come Commis de Rang, cercando di acquisire questo ruolo sul campo. Le nozioni avute dalla scuola alberghiera mi hanno aiutato, ma ho “rubato il lavoro” a chi era più esperto di me, superiori, colleghi più anziani. Negli anni ho ricoperto tutti i ruoli in sala, da Commis a Chef de Rang, Secondo Maître, Maître e infine F&B manager.

Chi è il Food&Beverage Manager in un hotel, e cosa fa?

Il ruolo del F&B è principalmente quello di far quadrare i conti nel settore della ristorazione, controlla gli acquisti, collabora con i suoi capiservizio (Chef, Maître, Capo barman), sceglie le proprie risorse, cura il menu con lo Chef e la carta dei vini con il Maître, o con il Sommelier (ove presente) e, molto importante, controlla i costi. Inoltre sceglie i fornitori (in collaborazione con l’economato) e in generale rappresenta l’hotel con i fornitori stessi, con i player del territorio e con la clientela dell’albergo. Deve essere molto esperto del luogo in cui lavora, la tendenza di questi anni infatti è quella di tornare a valorizzare il territorio, soprattutto in cucina, quindi va privilegiata la scelta di prodotti locali, a km zero, tipici e stagionali. Tengo molto a questo aspetto, all’identità e identificazione: il ristorante (o l’hotel) non deve essere internazionale, gentrificato, spersonificato, “uno qualsiasi”. Scegliere le eccellenze del territorio e rispettare la stagionalità tra l’altro -ça va sans dire- aiuta anche nel contenimento dei costi. Si può dire, in generale, che il F&B è il collante tra sala e cucina e tra reparto ristorazione e gli altri reparti dell’hotel.

Si parla molto di food cost nel settore ristorativo. Come si calcola, che importanza ha?

Di solito si calcola un ricarico del 300% sulla spesa effettuata per un piatto (materia prima, consumi…) per rientrare nelle spese. Come già detto, lavorare con prodotti del territorio e piccoli artigiani locali permette di abbattere i costi. Molto importante è anche ottimizzare gli sprechi (questo è compito dello Chef, ma un buon F&B deve sempre esercitare controllo e supervisione).

Come ti sembrano le nuove leve in questo settore? Si è persa secondo te questa professione?

Io vengo da un’altra epoca e ho dato più importanza alla pratica, a differenza di quello che accade oggi dove si da più importanza alla teoria, ai calcoli, ai libri.. un buon F&B è colui che sa cosa prova un Commis, uno Chef de Rang e sa quanto sia difficile diventare Maître, perché l’ha fatto, quindi si sa immedesimare in ogni componente del suo team. Questo purtroppo i libri non te lo insegnano; corsi, studi, master possono essere un valido “di più”, un arricchimento personale e professionale, ma il giusto approccio e l’adeguata interazione con la clientela e con il personale derivano principalmente dall’esperienza.

Cosa consigli a chi si vuole avvicinare a questa professione?

Un bagno di umiltà, come in tutto d’altronde: chi deve imparare deve avere l’umiltà di farlo. Soprattutto consiglio di avere la furbizia di “rubare” da qualsiasi persona il meglio che questa ha. Ovviamente chi ha fatto la scuola alberghiera è più avvantaggiato in questo campo, ma il 90% delle competenze sono date dall’esperienza.
Bisogna avere l’abilità di saper interagire con le persone che si hanno di fronte, chiunque esse siano. Questo è un lavoro di sacrificio, è impensabile lavorare 8 ore al giorno e andare a casa, bisogna essere capaci di creare un’esperienza unica per ogni cliente disposto a pagare per questo servizio. E per creare un’esperienza unica c’è bisogno di persone che abbiano voglia di mettersi alla prova, che abbiano voglia di imparare e faticare (pensiamo ai 3 servizi al giorno, ai turni spezzati, alla giornata passata in piedi..), che siano determinate e intraprendenti.
Bisogna saper accettare ogni sfida per poter lasciare a bocca aperta anche il cliente più esigente. Tutte le fatiche di questo mestiere vengono ripagate dal fatto che chi hai di fronte si ricordi di te, solo così hai regalato un’esperienza eccezionale.

Come vedi la ristorazione oggi, con il covid e tutte le problematiche ad esso correlate?

Nella ristorazione è tutto ambiguo, pieno di contraddizioni. Non vedo prese di posizione concrete, una mano per il settore. Non viene salvaguardato il principio della convivialità, che è il motivo per cui si va al ristorante: per condividere.
Una soluzione potrebbe essere quella di potenziare la sanità, riaprire le strutture ospedaliere chiuse negli ultimi anni e farle diventare centri Covid, mettere addetti a controllare la temperatura fuori da ogni esercizio commerciale e rischiare, cercando di ridare la vita normale a tutti, ma in realtà anche questa soluzione fa insorgere dei dubbi. Le persone si fiderebbero ad uscire e frequentare bar, ristoranti, esercizi pubblici? All’interno di una regione (viste le restrizioni alla mobilità), che tipo di locali o strutture ricettive sarebbero frequentate dai residenti della regione stessa? Non certo le strutture la cui clientela è composta prevalentemente da stranieri facoltosi, penso ad esempio agli hotel 5 stelle, il cui mercato è prevalentemente internazionale.

Cosa cambierà secondo te nel settore F&B di un hotel dopo il Covid?

Innanzitutto bisogna aspettare le direttive del Governo e dell’OMS, ma posso già immaginare che alcune cose spariranno, come il buffet. In generale non ci sarà più interazione diretta con il cliente, ed è questo che metterà in difficoltà il mondo alberghiero, perché l’interazione e il contatto sono alla base dell’ospitalità. Sparirà il buffet come lo conosciamo, sarà molto più semplice organizzare il servizio colazione in camera, quindi con room service, oppure allestire piccoli buffet individuali sui singoli tavoli e arricchirli con due o tre angoli di Show Cooking, dove il cliente non interagisce direttamente con l’addetto alle preparazioni né con il cibo, ma ha almeno la possibilità di vedere come il suo ordine viene preparato.
La colazione è il pasto principale in un hotel, spesso incluso nella tariffa del soggiorno, trovare una soluzione per preservare questo servizio non sarà facile. Torno a dire, utilizzare un prodotto locale e di stagione permetterà di abbassare i costi per la materia prima, sarà più facile quindi prevedere soluzioni alternative (e apparentemente più costose) come i buffet individuali e gli Show Cooking.

Come pensi che si dovrà formare lo staff sull’igiene e la sicurezza?

Nella ristorazione fortunatamente abbiamo già criteri molto elevati per l’igiene, pensiamo alle postazioni di disinfettante per le mani prima di entrare in sala dopo aver portato in cucina i piatti sporchi o le procedure di disinfezione di ogni strumento o materiale utilizzato durante il servizio.
Personalmente non vorrei vedere camerieri con la mascherina e i guanti in lattice, anche se penso e temo sarà così. Se posso essere sincero, il guanto in lattice potrebbe rivelarsi controproducente, in quanto conferirebbe all’operatore una finta sensazione di sicurezza, che potrebbe portarlo a non seguire più pedissequamente le regole di igiene (es. lavarsi frequentemente le mani). Bisognerà stare più attenti e più presenti in cucina e sala, per supervisionare le procedure ed assicurarsi che vengano rispettate. Sarà necessario indire più riunioni e meeting con il personale e confrontarsi ancora di più con i capiservizio, per il controllo.
Oggi come oggi brancoliamo tutti nel buio, per questo credo sia indispensabile privilegiare il confronto con gli operatori: anche un Commis può presentare idee valide per migliorare la situazione. È importante sentire chi lavora sul campo per riuscire a gestire questa situazione problematica.
In generale direi la situazione di oggi deve farci riflettere su una ristorazione più curata, più tailor-made. Questo virus farà si che chiunque sia un “improvvisato” non potrà più fare parte di questo settore. Seguire tutte le regole che ci saranno sarà realmente difficile, solo i veri professionisti riusciranno a trarne il meglio.

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