Non è sempre facile trovare argomenti interessanti di cui scrivere, ci sono giorni in cui proprio non succede niente, e qualcosa da raccontare devi andare a cecarla. Così spulciando tra vari siti e notizie del mio settore – quello turistico alberghiero – ho scovato un trafiletto che parlava di una coppià olandese che ha stravolto la propria vita per venire in itala, sul lago di Como, e aprire un un’attività ricettiva.
La notizia di per sé può sconvolgere fino a un certo punto. Bravi, diranno, buon per loro. Non sono le prime persone di cui si sente parlare che lasciano tutto per lanciarsi in una nuova attività, non sono le ultime che apriranno un bed&breakfast. Certamente bisogna essere dotati di una buona dose di coraggio, intraprendenza e intuizione per cambiare radicalmente la propria vita e vincolarla ad un’attività̀ commerciale in un paese diverso dal proprio, infatti parleremo anche di questo. L’aspetto più̀ interessante potrebbe però essere quello di scoprire come due stranieri vedono il paese che hanno scelto per vivere, l’Italia, e di conseguenza come vedono noi italiani, comaschi e laghee, come percepiscono i nostri pregi e i nostri difetti, e in particolare come hanno vissuto la possibilità̀ di sviluppare business nel campo turistico-alberghiero nel nostro Paese.
Yolanda mi racconta che da bambina veniva sempre in vacanza sul lago, nella zona di Porlezza, e per tutta la vita ne ha conservato un bellissimo ricordo. Nel 2012 decide di tornare con la sua nuova famiglia, il marito Rob e i due figli Bryan e Quyaro, e qui scopre che nonostante i molti anni di assenza nulla sembra cambiato e ritrova le cose che l’avevano fatta innamorare di queste zone da bambina, il clima, le montagne, il cibo.. è in questo momento che l’idea di acquistare uno chalet (quello che diventerà̀ il primo di una lunga serie) inizia a baluginare nelle menti di Yolanda e Rob. Neanche il tempo di tornare a casa in Olanda che l’idea diventa certezza e inizia la loro avventura.
Yolanda è entusiasta della scelta fatta 8 anni fa, e sembra che tutte le difficoltà e le insicurezze del caso non abbiano scalfito l’eccitazione iniziale, anche se i dubbi e gli imprevisti con cui lei e la sua famiglia hanno dovuto fare i conti sono stati tanti. Innanzitutto avevano un’ottim̀a posizione lavorativa, un figlio grande che sarebbe rimasto solo in Olanda, un figlio piccolo in età scolare per cui doversì organizzare ulteriormente, genitori anziani, gli amici di una vita con cui sarebbe stato sempre più difficile vedersi.. senza contare gli interessi economici e pensionistici legati al loro lavoro in madrepatria.
Oltre a ciò̀, mettiamoci che la coppia non aveva mai lavorato né avuto a che fare con il settore ricettivo (in Olanda, figuriamoci in Italia con la nostra burocrazia…), e che a pochi mesi dall’inizio della loro avventura si è palesato il Covid, che con lockdown e chiusure tra Paesi non ha di certo augurato loro un buon inizio.
Nonostante questo Yolanda fa sembrare tutto estremamente semplice. Ci siamo innamorati di questo posto e basta, mi dice, volevamo vivere qui, tra queste montagne. Imparare a gestire il nostro nuovo lavoro è stato semplice per noi: basta un letto pulito, una buona colazione e amore per i nostri ospiti, non è difficile.
Certo, dove mancano esperienza ed eventuali conoscenze tecniche, sopperiscono la passione e l’amore per ciò̀ che si fa. Passione data dalla grande soddisfazione di poter finalmente stare e lavorare insieme al marito Rob (con un lavoro nel commercio e uno nell’istruzione era difficile in Olanda), curare il giardino, pitturare il tetto..
Oltre a prendersi cura degli 8 chalet e del bed&breakfast, la famiglia ha già tante idee per la prossima stagione, innanzitutto quella di conoscere e scoprire le attività̀ della zona, per creare collaborazioni e fare network con le aziende del territorio. In progetto, quindi, collaborazioni con Golf Club, lidi, ristoranti.. un piano di sinergia territoriale in cui il cuore è la comunità̀. Yolanda mi confessa che non ha ancora avuto modo di conoscere tutti gli abitanti della sua zona, ma è felice di vivere in un posto in cui le persone sono amichevoli e disponibili, e anche se sei nuovo del posto ti salutano quando ti incontrano per strada (oddio, saremo strani noi italiani?).
Durante questa chiacchierata mi aspettavo di sentire di chissà̀ quali enormi differenze tra Italia e Olanda, tra nord e sud Europa, tra popoli diversi.. mi fa sorridere, invece, che l’esperienza più̀ strana e sconvolgente per la famiglia sia stata quella di scoprire i cinghiali. Certamente a Hoofddorp, un grande centro vicino ad Amsterdam e all’aeroporto, non devono essere comuni. Così come non è comune il silenzio, la pace e la possibilità̀ di godere di una natura ancora poco contaminata.
Anche il piccolo Quyrao ha avuto modo di sperimentare grandi e scioccanti differenze culturali. In un buon italiano (ottimo per un bambino di 9 anni da poco trasferitosi) mi racconta che bellissima invenzione sia la mensa scolastica, che in Olanda non esiste, e che per lui è come mangiare tutti i giorni al ristorante. Un ristorante in cui si mangia tardi, certo, perché́ da buoni nordeuropei devono ancora abituarsi ai nostri orari dei pasti. Fossero sempre queste le differenze insormontabili.
Messa alle strette (insomma, qualcosa di negativo o almeno non entusiasmante, qui deve pur esserci), Yolanda ammette che uno dei maggiori scogli da superare è stata la differenza linguistica, e che ìn Italia parliamo davvero poco e male l’inglese.
Ahimè, come critica possiamo accettarla, e dall’esperienza di Yolanda e Rob anche noi usciamo soddisfatti, con la consapevolezza di quanto il nostro lago e il nostro territorio sia invidiato in tutto il mondo, e con una grande lezione valida per tutti: avere il coraggio di buttarsi e seguire i propri sogni, sempre.
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